Ministero della Giustizia, Circolare 20 dicembre 2011
Interpretazione misure correttive decreto interministeriale
145/2011.
Dipartimento per gli affari di giustizia
il Direttore generale della Giustizia civile
Visto l’art. 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28;
visto il decreto interministeriale del Ministro della Giustizia di concerto
con il Ministro dello Sviluppo Economico 18 ottobre 2010 n. 180, pubblicato
sulla G.U. 4 novembre 2010 n. 258;
visto il decreto interministeriale 6 luglio 2011 n. 145, recante modifica al
decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010 n. 180;
ritenuta
la necessità di dare specifica indicazione su alcuni profili
problematici inerenti la corretta interpretazione ed applicazione del d.i.
n.180/2010, così come corretto dal sopra citato d.i. n. 145/2011;
adotta la
seguente
CIRCOLARE
Come è noto, a quasi un anno dall’entrata in vigore del Decreto 180/2010 si è
ritenuta la necessità, con il Decreto 145/2011, di
adottare misure correttive nella regolamentazione della disciplina in materia di
determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro
degli organismi di mediazione, nonché in materia di indennità per il compimento
del servizio di mediazione e conciliazione.
Tenuto conto delle novità introdotte, dei diversi quesiti pervenuti e dei
principali profili di incertezza che sono stati posti all’attenzione, si intende
procedere ad offrire la linea interpretativa di questa direzione generale con la
indicazione dei criteri direttivi da seguire.
Attività di
vigilanza:
L’art.1, comma 2 lett.b) ha specificato che l’attività di vigilanza può
essere altresì compiuta avvalendosi dell’Ispettorato generale del Ministero
della Giustizia.
Il riferimento alla attività di vigilanza è quella già
contemplata nelle previsioni generali di cui all’art.16, comma quarto, del
d.lgs. 28/2010 nonché nelle previsioni regolamentari di cui agli artt.3,4,5, 10,
17,18, 19 del d.i. 180/2010.
La norma, dunque, ha una duplice valenza: da
un lato, conferma la rilevanza della funzione di vigilanza attribuita
all’Amministrazione, d’altro lato, conferisce uno strumento ulteriore per
agevolare il concreto esercizio dell’attività di controllo.
L’attività di
vigilanza, pertanto, verrà esercitata operando non solo, come già avviene, con
un’attenta verifica della regolarità delle istanze proposte, ma anche su come
viene concretamente esercitata l’attività di mediazione e di formazione da parte
degli Organismi di mediazione e degli enti di formazione.
Pertanto,
l’attività di controllo verrà compiutamente esercitata non solo verificando
ipotesi di inosservanza delle previsioni di legge (primarie e secondarie), ma
anche al non raggiungimento di
standard minimi di qualità, requisito
necessario per potere validamente svolgere un servizio di mediazione nonché di
formazione che sia improntato al presupposto della professionalità, efficienza
ed idoneità dei medesimi.
Sotto il primo aspetto, il controllo verrà
esercitato tenendo in considerazione, ad esempio, le inosservanze agli obblighi
di comunicazione imposti all’organismo, ovvero il venire meno dei requisiti
richiesti (il capitale minimo, il numero minimo di mediatori, l’aggiornamento
biennale degli stessi, ecc.); sotto il secondo aspetto, si farà riferimento alle
modalità concrete di gestione del servizio (tempestività di provvedere alle
comunicazioni a seguito della presentazione della istanza di mediazione;
fissazione della prima sessione entro quindici giorni dal deposito dell’istanza;
rispetto dei criteri di assegnazione degli incarichi ecc.).
Sarà comunque
cura della direzione generale rendere noto a tutti gli organismi iscritti su
quali profili si appunterà particolarmente l’attenzione per la verifica della
rispondenza del servizio offerto dai vari organismi di mediazione con i livelli
minimi di qualità esigibili.
Sintesi dei principi espressi:
- l’amministrazione esercita il potere di vigilanza e di controllo,
sia in fase preventiva (verificando la correttezza della domanda di iscrizione e
la sussistenza dei requisiti richiesti) che successiva (verificando il continuo
rispetto degli organismi di mediazione e dei mediatori agli obblighi cui sono
tenuti secondo le previsioni normative primarie, secondarie nonché le direttive
di questa amministrazione).
Il tirocinio assistito:
L’art.2, comma 1, del d.i. 145/2011 ha introdotto una modifica all’art.4,
comma 3, del d.i. 180/2011 in tema di formazione dei mediatori.
In
particolare, la precedente versione della previsione normativa in esame
richiedeva che i mediatori, una volta iscritti, avevano comunque l’obbligo di
compiere uno specifico aggiornamento, almeno biennale da acquisire presso enti
di formazione accreditati secondo quanto previsto nell’art.18 del medesimo
regolamento.
Il suddetto art.18 prevede, per chiarezza, che il percorso
di aggiornamento formativo deve avere una durata complessiva non inferiore a 18
ore biennali, articolate in corsi teorici e pratici avanzati, comprensivi di
sessioni simulate partecipate dai discenti ovvero, in alternativa, di sessioni
di mediazione.
A completamento di tale previsione, l’art.4 del d.i.
145/2011 prevede che l’organismo iscritto è obbligato a consentire,
gratuitamente e disciplinandolo nel proprio regolamento, il tirocinio assistito
di cui all’art.4, comma 3, lettera b).
Con la previsione normativa
introdotta, si inserisce un ulteriore, distinto, obbligo formativo, consistente
nella partecipazione dei mediatori, nel biennio di aggiornamento ed in forma di
tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso organismi
iscritti.
La previsione normativa ha dato luogo a diverse questioni
applicative sulle quali occorre fare chiarezza.
Prima di approfondire le
singole questioni è tuttavia opportuno precisare quale sia stata la ragione
dell’intervento correttivo in esame in modo da potere individuare il fondamento
del medesimo e, sulla base di questo, orientare le scelte
interpretative.
A tal proposito, va evidenziato che i mesi successivi
all’entrata in vigore del regolamento 180/2010 avevano evidenziato un profilo
particolarmente rilevante sul piano della effettiva esperienza pratica del
mediatore iscritto presso un organismo di mediazione.
Era, infatti,
emersa la necessità che, oltre all’attività di formazione teorica di
aggiornamento biennale, il mediatore iscritto curasse di compiere una formazione
pratica fondamentalmente basata sulla verifica di come altri mediatori, anche
essi iscritti, gestissero i diversi momenti del percorso di mediazione,
confrontando la propria esperienza pratica con quella di altri
mediatori.
Ed è per tale ragione che si è dunque ritenuto necessario
aggiungere, ai fini del perseguimento dell’obiettivo di assicurare nel tempo una
sempre maggiore competenza tecnica di ciascun mediatore, nell’ambito del
percorso di aggiornamento biennale, anche una attività formativa pratica,
imponendo un tirocinio obbligatorio assistito presso altri
mediatori.
Questa è la finalità perseguita con la previsione di cui
all’art.2 del d.i. 145/2011.
Ciò posto, può procedersi ad esaminare le
diverse questioni proposte:
- la norma ha valenza per i mediatori da iscrivere ovvero per i mediatori
già iscritti?
Il dato testuale della norma (partecipazione nel biennio
di aggiornamento) induce a precisare che il suddetto nuovo requisito non possa
che riguardare solamente i mediatori già iscritti, essendo impensabile che si
sia fatto riferimento ad un biennio di aggiornamento per chi non ha ancora
ottenuto l’iscrizione.
Vi sono, poi, due altre ragioni che rafforzano il
suddetto convincimento:
- non si può imporre un obbligo se non nei confronti di chi è tenuto
all’osservanza e, in caso di inosservanza, è passibile di sanzione. Sotto tale
profilo, la norma non può che dirigersi nei confronti dei mediatori iscritti i
quali, in quanto tali, sono tenuti ad osservare tutte le prescrizioni imposte;
- la possibilità di assistere in forma di tirocinio alle mediazioni implica,
altresì, che il soggetto tirocinante sia sottoposto al vincolo della segretezza
e della riservatezza; tale vincolo non avrebbe senso nei confronti di soggetti
che, in quanto non ancora iscritti, non sono sottoposti ad alcun potere di
controllo e di vigilanza.
- in cosa consiste la partecipazione in forma di tirocinio
assistito?
La previsione normativa in esame si limita a prescrivere che
la attività formativa pratica dovrà essere compiuta mediante la partecipazione,
in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione.
Il
termine “tirocinio” è stato utilizzato allo scopo di fare riferimento ad una
attività di addestramento pratico. L’assistenza implica che il suddetto
addestramento deve essere compiuto con la presenza di altro mediatore.
Di per
sé, tuttavia, le norme non indicano le modalità attraverso cui può svolgersi la
suddetta attività formativa pratica. In realtà, una risposta in merito può
essere data tenuto conto del termine “partecipare” nonché della natura propria
dell’attività di mediazione.
Sotto il primo profilo, la partecipazione può
essere intesa in forma restrittiva, cioè limitata alla sola assistenza, ovvero
in forma più estensiva, cioè contemplando anche la possibilità che il
tirocinante svolga talune attività sotto la vigilanza del mediatore.
Preme
evidenziare che, in entrambi i casi, , implica comunque un contatto diretto tra
il mediatore in tirocinio e le parti coinvolte nella mediazione.
È
preferibile la prima soluzione più restrittiva, che postula che il tirocinante
deve limitarsi ad assistere alla mediazione compita dal mediatore vigilante
senza compiere ulteriori attività.
Ciò appare in linea con la particolare
natura della mediazione, in cui massima deve essere la consapevolezza delle
parti che la gestione ed il compimento dell’attività diretta alla soluzione
concordata della controversia derivi unicamente dal mediatore.
Le parti,
cioè, devono potere individuare unicamente nel mediatore titolare il soggetto
gestore di tutte le fasi del percorso di mediazione, ciò allo scopo di
instaurare compiutamente il necessario rapporto di fiducia che costituisce una
componente essenziale della riuscita di una mediazione.
Ancora, non
percorribile appare la soluzione di contemplare la possibilità che il suddetto
tirocinio possa svolgersi mediante la partecipazione ad una fase preliminare del
procedimento di mediazione, per esempio relativamente alla verifica della
rispondenza della domanda di mediazione ai requisiti regolamentari,
all’individuazione delle indennità dovute, alla verifica dei poteri di
rappresentanza ed agli altri aspetti afferenti, nonché la partecipazione in
affiancamento ad altro mediatore.
Si tratta, in verità, di una attività che,
seppure rilevante, è prodromica o successiva rispetto al nucleo centrale
dell’attività di mediazione per la quali si è ritenuto di imporre l’ulteriore
attività formativa: quella del momento del confronto delle altrui esperienze nel
diretto contatto con le parti e con quanto emerge nel corso delle diverse
sessioni.
In conclusione, dunque, il compimento del tirocinio formativo
richiede che il mediatore assista, in modo diretto, allo svolgimento, da parte
di altro mediatore iscritto, di taluna delle fasi in cui si svolge il percorso
di mediazione in presenza delle parti (dalla prima sessione a quella di
redazione del verbale conclusivo a seguito dell’accordo ovvero del mancato
accordo).
- in che modo devono essere conteggiati i venti casi di
mediazione?
Si è posta, poi, la questione se, per il raggiungimento dei
venti casi di mediazione cui il mediatore iscritto deve partecipare, debba
richiedersi la presenza ad un intero percorso di mediazione (che va dalla prima
sessione a quella conclusiva di redazione del verbale conclusivo) ovvero si
possa più semplicemente partecipare anche a singole fasi del medesimo.
Deve
essere preferita l’impostazione secondo cui costituisce partecipazione anche la
sola presenza ad una singola fase di cui si compone il percorso di
mediazione.
Questa soluzione è più in linea con la reale ratio della
previsione normativa in esame che è quella di consentire ai mediatori già
iscritti di potere verificare le modalità di gestione della mediazione da parte
di altri mediatori, potendo in tal modo arricchire il proprio bagaglio
formativo.
Sicchè, dovrebbe essere consentito a ciascun mediatore iscritto di
potere verificare e sperimentare l’altrui esperienza ora in sede di prima
sessione, ora in un momento successivo, ora nel momento in cui il mediatore
ritiene di dovere formulare alle parti la proposta di mediazione, senza porre
alcuna ulteriore preclusione.
In conclusione, ciascuna fase del percorso di
mediazione costituisce momento utile per il conteggio dei venti casi di
mediazione da attuare nel biennio.
Deve, qui, essere affrontato e definito un
ulteriore profilo che ha costituito motivo di particolare riflessione.
Si è
posto, cioè, il problema se la partecipazione assistita, per avere validità,
debba essere compiuta solo relativamente a fasi di mediazione per così dire
attive (ove, cioè, vi è stata la partecipazione di entrambe le parti e si è
effettivamente proceduto ad attuare le diverse sessioni, congiunte o private,
finalizzate al raggiungimento dell’accordo), ovvero anche ad ipotesi in cui,
effettuata la comunicazione all’altra parte, il mediatore, in presenza
dell’invitante, prende atto della mancata comparizione redigendo il verbale
negativo, secondo quanto previsto nell’art.7, comma quinto, del d.m. 180/2010,
come modificato dall’art.3, lett.a) del d.m. 145/2011.
Deve, a tal proposito,
precisarsi che, tenuto conto delle ragioni sopra espresse circa le finalità
perseguite con l’introduzione di un obbligo di tirocinio assistito per i
mediatori, una vera ed effettiva attività in tal senso, ai fini del pieno
arricchimento personale, non può che esigere la necessità di una partecipazione
ad una mediazione “attiva”.
D’altro lato, questa direzione generale non può
non considerare l’attuale momento di prima attuazione della disciplina della
mediazione ed in particolare la circostanza che, dalle rilevazioni statistiche
ad oggi fornite dalla direzione generale di statistica del Ministero, i
procedimenti di mediazione con comparizione dell’aderente sono solo il 30,62% ma
che, laddove invece l’aderente compare, il 52,58% delle mediazioni si chiudono
con un verbale di conciliazione.
In questa fase, dunque, imporre
l’espletamento dell’obbligo di tirocinio assistito solo per le mediazioni
“attive” significherebbe limitare enormemente la possibilità di potere adempiere
a quanto richiesto, in quanto difficilmente ciascuno mediatore già iscritto
potrebbe, nel biennio, espletare la suddetta attività formativa.
D’altro
lato, ci si rende altresì conto che ricercare, da parte del mediatore che
intende partecipare ad una mediazione in tirocinio, il procedimento di
mediazione “attivo” potrebbe comportare, stante il limitato numero di mediazioni
in tal senso, il rischio di una disponibilità di tempo cui potrebbe non
corrispondere una effettiva utilità ove si dovesse, invero, riscontrare, che il
procedimento di mediazione deve chiudersi per mancata partecipazione della parte
invitata.
Pertanto, deve ritenersi che, fino a quando la mediazione
stragiudiziale non avrà, come invece ci si auspica, particolare seguito sotto il
profilo della partecipazione della parte invitata al procedimento di mediazione,
la necessità di consentire a tutti i mediatori iscritti di potere adempiere al
proprio obbligo formativo introdotto con il decreto correttivo impone di
ritenere valida, ai fini del conteggio delle venti partecipazioni nel biennio a
titolo di tirocinio assistito, anche la presenza del mediatore in tirocinio alla
redazione del verbale negativo redatto dal mediatore titolare, secondo quanto
previsto dall’art.7, comma quinto, del d.m. 180/2010, come modificato
dall’art.3, lett.a) del d.m. 145/2011.
Solo in un secondo momento, laddove
cioè si avrà modo di riscontrare una tendenza al rialzo del numero di
procedimenti di mediazione conclusisi con la partecipazione della parte
invitata, si procederà ad una modifica del presente orientamento, esigendosi,
invero, che l’obbligo del tirocinio assistito debba essere compiuto
necessariamente partecipando a fasi “attive” del procedimento di mediazione,
cioè a momenti del percorso di mediazione caratterizzati dalla partecipazione
della parte invitata.
- il tirocinio assistito deve essere rinnovato ogni biennio?
La
previsione normativa in esame precisa letteralmente che la partecipazione in
forma di tirocinio assistito ad almeno venti casi di mediazione deve essere
compiuta nel biennio di aggiornamento.
Il che implica, di conseguenza, che
l’obbligo di compiere tale ulteriore adempimento formativo deve essere
costantemente aggiornato, così come, del resto, il medesimo impegno formativo
sussiste per l’aggiornamento biennale da acquisirsi presso gli enti di
formazione in base all’art.18, così come già prevedeva (e continua a prevedere)
l’art.4, comma terzo, del d.i. 180/2010.
In conclusione, i mediatori
iscritti, per ogni biennio successivo alla loro iscrizione, oltre a seguire uno
specifico aggiornamento formativo presso gli enti di formazione in base
all’art.18, dovranno altresì partecipare, sempre per ogni biennio successivo
alla iscrizione, ad almeno venti casi di mediazione in forma di tirocinio
assistito.
È appena il caso di precisare che deve compiersi una distinzione
fra i mediatori già iscritti al momento dell’entrata in vigore del D.M. 145/2011
(26 agosto 2011) e quelli iscritti successivamente.
Per i mediatori già
iscritti, il biennio ha inizio dalla data di entrata in vigore del suddetto
decreto correttivo: è evidente, infatti, che solo da tale date può esigersi per
essi il rispetto dell’ulteriore obbligo di aggiornamento.
Per i mediatori
iscritti in data successiva, l’obbligo di aggiornamento avrà decorrenza dalla
data di iscrizione di ciascuno di essi presso l’elenco dell’organismo di
mediazione di appartenenza.
- quanti tirocinanti possono essere presenti per ciascuna
mediazione?
Non è possibile compiere in modo aprioristico ed astratto
una delimitazione del numero di mediatori in tirocinio che possono, di volta in
volta, essere presenti per ciascuna mediazione.
La soluzione più ragionevole,
in mancanza di specifica indicazione normativa, è quella di lasciare la
valutazione al responsabile di ciascun organismo di mediazione che dovrà tenere
conto dei profili organizzativi, di appositi spazi a disposizione, del numero
delle parti presenti, e cosi via.
Il principio di fondo, che deve costituire
criterio essenziale di riferimento, è quello della capacità organizzativa di
ciascun organismo quale esplicazione del requisito dell’efficienza richiesto
dall’art.16, comma 1, del d.lgs. 28/2010.
L’applicazione di tale principio
comporta, anche, la valutazione da parte del responsabile dell’organismo di
mediazione del miglior modo di gestione del servizio, in ciò considerando pure,
pertanto, la necessità di tutelare l’interesse delle parti in mediazione ad un
ambiente sereno e privo di fonti di distrazione; il che si traduce, a seconda
delle circostanze, anche nella valutazione di quale debba essere il numero di
tirocinanti che possono essere presenti per ciascuna mediazione.
Non
corretta, invece, è la soluzione di una registrazione della mediazione per una
successiva visualizzazione, in quanto, per come detto, tale attività non è
caratterizzata dalla percezione immediata ed in tempo reale ed è esclusa la
possibile di immediata interlocuzione con il mediatore.
Sintesi dei principi espressi:
- l’obbligo del tirocinio assistito riguarda solo i mediatori già
iscritti;
- la partecipazione al tirocinio assistito comporta solo la presenza del
mediatore in tirocinio senza compimento di ulteriore attività che riguardi
l’esecuzione di attività proprie del mediatore titolare del procedimento;
- costituisce partecipazione valida anche la sola presenza del mediatore in
tirocinio ad una singola fase del procedimento di mediazione;
- costituisce partecipazione valida, allo stato e tenuto conto del limitato
numero di mediazioni concluse con la partecipazione della controparte, anche la
sola presenza del mediatore in tirocinio alla fase di redazione, da parte del
mediatore titolare, del verbale negativo per mancata partecipazione della
controparte;
- il tirocinio assistito deve essere rinnovato ogni 2 anni;
- la determinazione del numero dei mediatori in tirocinio che possono
essere presenti di volta in volta è lasciata alla valutazione del responsabile
dell’organismo, che terrà conto della natura dell’affare di mediazione e della
propria capacità organizzativa e strutturale.
I criteri di assegnazione degli affari di mediazione:
L’art.4 del d.i. 145/2011 prevede che l’organismo iscritto deve precisare,
nel regolamento di procedura, i criteri inderogabili per l’assegnazione degli
affari di mediazione predeterminati e rispettosi della specifica competenza
professionale del mediatore designato, desunta anche dalla tipologia di laurea
universitaria posseduta.
La previsione normativa ha di mira una duplice finalità.
Da un lato, contribuisce a rendere ancora più evidente che l’organismo di
mediazione deve operare nel rispetto della necessaria indipendenza (già indicata
nell’art.60, comma terzo, lett.b) delle legge 69/2009) per ciascun affare di
mediazione. Una delle modalità di attuazione è, appunto, l’attribuzione secondo
criteri predeterminati degli affari di mediazione.
D’altro lato, emerge come uno dei criteri fondamentali per la ripartizione
degli affari di mediazione debba essere quello, non solo della idoneità tecnica
in materia di mediazione, ma anche della specifica competenza professionale che
debba, quanto più possibile, corrispondere alla natura della controversia
insorta tra le parti.
Dunque, nel redigere il regolamento di procedura
dell’organismo in ordine al punto in esame occorre che siano tenute presenti le
seguenti indicazioni:
- nel regolamento di procedura dell’organismo devono essere espressamente
indicati i criteri per l’assegnazione;
- i suddetti criteri devono essere inderogabili; il che comporta che siano
predeterminati ed oggettivi, nel senso che non può rinviarsi ad un momento
successivo la concreta determinazione, ma devono essere indicati ex ante ed in
modo oggettivo e quindi valevoli come parametro di riferimento per potere, di
volta in volta, procedere alla ripartizione degli incarichi tra i mediatori; gli
stessi, inoltre, devono essere certi, per evitare che l’assegnazione sia del
tutto arbitraria, priva di effettiva giustificazione;
- deve darsi rilievo, nel regolamento, alla competenza professionale dei
mediatori iscritti.
È soprattutto quest’ultimo punto che merita particolare
approfondimento.
Significativo è, a tal proposito, il modo in cui i
singoli organismi di mediazione daranno attuazione a tale previsione nel momento
in cui dovranno provvedere ad inserire i criteri richiesti nel proprio
regolamento che costituirà il parametro di riferimento per la valutazione della
corretta assegnazione degli affari fra i singoli mediatori.
A tal
proposito, preme fornire le seguenti indicazioni.
- Nei singoli
regolamenti non si potrà fare generico rinvio alla previsione di cui all'art.3
del d.i. 145/2011, in quanto occorrerà effettivamente indicare attraverso quali
criteri il responsabile dell'organismo provvederà ad assegnare tra i mediatori
ora l'uno ora l'altro incarico;
- la ripartizione degli affari di
mediazione all’interno di ciascun organismo costituisce per il responsabile
un’attività particolarmente delicata e significativa, in quanto deve essere
rispettosa dei criteri oggettivi e predeterminati indicati nel regolamento i
quali, a loro volta, devono tenere conto della competenza professionale di
ciascun mediatore;
- tra i criteri oggettivi e predeterminati assume
particolare rilievo la competenza professionale del mediatore, cioè il complesso
delle specifiche conoscenze acquisite in relazione al percorso universitario
svolto e, soprattutto, all’attività professionale esercitata;
-
l’attività professionale, in quanto tale, è un requisito da intendersi in modo
distinto dalla capacità tecnica di sostenere il percorso di mediazione, in
quanto quest’ultima implica conoscenza specifica degli strumenti che devono
essere attuati per condurre e svolgere adeguatamente il percorso di
mediazione;
Ciò precisato, è opportuno chiarire che ciascun organismo di
mediazione, per potere effettuare correttamente la ripartizione degli affari di
mediazione, deve necessariamente procedere, ex ante, ad una distinzione per
categorie dei propri mediatori in relazione alle specifiche competenze
professionali dei medesimi (dando concreta attuazione alla previsione di cui
all'art.7, comma 2 lett. d del d.m. 180/2010.
Pertanto, nei diversi
regolamenti di procedura sarebbe opportuno che venisse espressamente indicato,
proprio al fine di chiarire come avverrà l'assegnazione degli incarichi tenendo
conto della competenza professionale, quale ripartizione interna di competenza
professionale è stata compiuta tra i mediatori inseriti nel proprio
elenco.
Va ancora detto che il raggruppamento dei mediatori per
competenza non dovrebbe essere limitato alle materie giuridiche, ma a tutte le
diverse materie di competenza possibili (tecniche, umanistiche, mediche, e così
via.).
Al di là di questo primo, fondamentale criterio, devono
intervenire altri criteri che tengono conto del grado di difficoltà della
controversia, della esperienza del mediatore, della disponibilità del medesimo,
e così via.
Fondamentale è, pertanto, il riferimento alla particolare natura
della causa.
Sintesi dei principi espressi:
- nei singoli regolamenti non si potrà fare generico rinvio alla previsione
di cui all'art.3 del d.i. 145/2011;
- tra i criteri oggettivi e predeterminati assume particolare rilievo la
competenza professionale del mediatore, cioè le specifiche conoscenze acquisite
in relazione al percorso universitario svolto e, soprattutto, all’attività
professionale esercitata;
La chiusura del procedimento:
L’art.3 del d.i. correttivo prevede che, quando la mediazione è obbligatoria,
il mediatore svolge l’incontro con la parte istante anche in mancanza di
adesione della parte chiamata alla mediazione; in questo caso, l’attestato di
conclusione del procedimento può essere rilasciato dalla segreteria
dell’organismo, ma solo all’esito della verifica da parte del mediatore della
mancata partecipazione della parte chiamata e del mancato accordo.
La
norma, in primo luogo, si applica solo nel caso in cui l’esperimento del
tentativo di mediazione è previsto come obbligatorio. Il che vuol dire che, in
caso di mediazione volontaria o sollecitata dal giudice o per contratto, il
mediatore può chiudere il procedimento di mediazione anche ove la parte istante
non si sia presentata.
Nei casi, invece, in cui vi è obbligatorietà del
tentativo di conciliazione, è essenziale che l’invitante si presenti davanti al
mediatore, non potendo, diversamente, chiedere il rilascio dell’attestazione di
conclusione del procedimento di mediazione.
Tale precisazione, in
particolare, costituisce conferma di quanto già la direzione generale della
giustizia civile aveva avuto modo di precisare con la circolare del 4 aprile
2011 in materia, per l’appunto, di chiusura del procedimento di
mediazione.
In sostanza, si è voluto precisare che, nei casi di
obbligatorietà del tentativo di mediazione:
- l’invitante deve necessariamente presentarsi davanti al mediatore,
indipendentemente dal fatto che l’altra parte abbia, eventualmente, dichiarato o
rappresentato che non sarebbe stata presente;
- è il mediatore che deve verbalizzare la mancata presenza della parte
chiamata, non potendo tale attività essere compiuta dalla segreteria;
- solo a seguito della redazione del verbale negativo del mediatore, la
segreteria potrà rilasciare l’attestato di conclusione del procedimento.
Sintesi dei principi espressi:
- nei casi in cui vi è obbligatorietà del tentativo di conciliazione, è
essenziale che l’invitante si presenti davanti al mediatore, non potendo,
diversamente, chiedere il rilascio dell’attestazione di conclusione del
procedimento di mediazione. In questo caso, il mediatore dovrà attestare la
mancata comparizione della controparte e la segreteria dell’organismo potrà
rilasciare l’attestato di conclusione del procedimento di mediazione.
Le modifiche in materia di indennità: diverse sono le modifiche
apportate in materia di indennità di mediazione.
- si è, in primo luogo, aumentata la misura dell’indennità in caso di successo
della mediazione che da un quinto passa a un quarto dell’entità della indennità
(art.5, comma 1, lett.a) del d.m. 145/2011);
- in secondo luogo, in caso di obbligatorietà del tentativo di mediazione, si
è ulteriormente ridotta la misura dell’indennità rispetto al precedente regime:
la misura di un terzo rimane per i primi sei scaglioni, mentre per i restanti
scaglioni la riduzione è della metà (art.5, comma 1, lett. b) del d.m.
145/2011);
- in terzo luogo, nei casi di obbligatorietà del tentativo di mediazione, è
rimasta salva la riduzione prevista dalla lettera e) del medesimo comma, con
esclusione di ulteriori aumenti, ad eccezione di quello previsto dalla lett.b)
in caso di successo della mediazione (art.5, comma 1, lett.b) del d.m.
145/2011).
Per chiarire, si osserva che deve essere compiuta una distinzione
relativamente alla determinazione dell’indennità a seconda che la mediazione sia
obbligatoria o facoltativa, in particolare:
in caso di mediazione
obbligatoriaIn questo contesto, occorre distinguere a seconda che
l’altra parte compaia o meno.
Se l’altra parte compare:
a1) si opera una riduzione dell’importo dell’indennità, che sarà di un terzo
per i primi sei scaglioni e della metà per gli altri scaglioni;
a2) l’importo dell’indennità potrà subire un aumento solo in caso di successo
della mediazione (dunque, non potrà applicarsi alcun altro aumento previsto,
invece, per le altre forme di mediazione, in caso di particolare importanza,
complessità o difficoltà dell’affare, formulazione della proposta di
mediazione).
Se l’altra parte non compare:
b1) l’indennità che dovrà essere corrisposta sarà unicamente di € 40,00, per
il primo scaglione, o € 50,00, per gli altri scaglioni;
b2) nel caso di formulazione della proposta (ai sensi dell’art.11 del d.lgs.
28/2010) opera l’aumento di un quinto di cui alla lettera c) del comma quarto
dell’art.16 del d.m. 180/2010, richiamato dall’art.5, comma 1, lett.c) del d.m.
145/2011.
in caso di mediazione facoltativa
Per la mediazione facoltativa, sollecitata dal giudice ovvero prevista dalle
parti, le modifiche rispetto alla disciplina precedente riguardano quindi:
b1) la misura dell’aumento dell’indennità in caso di successo della
mediazione;
b2) la riduzione a € 40,00 o € 50,00 in caso di mancata
partecipazione dell’altra parte;
resta invariato, rispetto alla disciplina precedente:
- l’aumento dell’indennità, in misura non superiore ad un quinto, in caso di
particolare importanza, complessità o difficoltà dell’affare;
- l’aumento in caso di formulazione della proposta del mediatore;
- l’aumento, in misura non superiore ad un quarto, in caso di successo della
mediazione.
A differenza, quindi, della mediazione obbligatoria, in caso di mediazione
facoltativa si avrà il cumulo degli aumenti previsti.
Per completezza,
poi, resta da definire un ultimo profilo, quello, cioè, della cumulabilità della
spese di segreteria con quelle della mediazione.
A tal proposito, va
chiarito che ai sensi dell’art.16, comma primo, del d.m. 180/2010 l’indennità
comprende le spese di avvio del procedimento e le spese di mediazione.
Il
successivo comma secondo prevede che per le spese di avvio è dovuto da ciascuna
parte un importo di € 40,00 (dall’istante al momento del deposito della domanda
di mediazione, dalla parte invitata solo al momento in cui intende aderire al
procedimento e, quindi, prendervi parte).
Il comma terzo, poi, prevede
che per le spese di mediazione è dovuto da ciascuna parte l’importo indicato
nella tabella A allegata al decreto; il comma quarto, infine, stabilisce la
misura in aumento od in diminuzione dell’importo massimo delle spese di
mediazione.
Per quanto sopra esposto, le due voci di spesa assumono
valenza diversa ed autonoma.
Le spese di avvio, stabilite in misura fissa
ed unitaria, hanno riguardo, più specificamente, alle spese dell’organismo per
potere avviare il procedimento di mediazione: ricezione della istanza, visione
da parte della segreteria, fascicolazione e registrazione, comunicazione alla
altra parte dell’inizio della procedura e così via.
Si tratta, dunque,
delle spese relative all’attività di segreteria prodromica a quella di
mediazione vera e propria svolta dal mediatore.
Quest’ultima, dunque,
assume valenza diversa, in quanto riguarda le spese di concreto svolgimento
dell’attività di mediazione (ricomprende infatti anche l’onorario del
mediatore).
Si tratta, quindi, di due voci di spesa autonome che,
unitamente considerate, formano l’indennità complessiva; la previsione,
contenuta nel comma secondo dell’art.16 (secondo cui le spese di avvio sono a
valere sull’indennità complessiva) implica unicamente che la spesa di
segreteria, una volta corrisposta, è solo una parte dell’indennità complessiva
da corrispondere.
Ciò comporta che, al verificarsi dei diversi momenti
che connotano l’espletamento del servizio di mediazione, entrambe siano
dovute.
Pertanto, oltre all’importo di € 40,00 dovuto per l’avvio del
procedimento, dovranno essere corrisposte, in aggiunta, anche le ulteriori spese
di mediazione secondo i criteri indicati nell’art.16, commi 3 e ssgg. del d.m.
180/2010, come modificati dall’art.5 del d.m. 145/2011.
Nel caso in cui,
in particolare, trova applicazione la previsione contenuta nell’art.16, comma
quarto lett.e) del d.m. 180/2010 (come modificato dall’art.5 del d.m. 145/2011)
saranno dovute sia le spese di avvio del procedimento (di € 40,00) sia le spese
per la mediazione non riuscita (non essendo comparsa nessuna delle controparti
oltre quella che ha introdotto la mediazione).
Resta fermo, peraltro, che
oltre alla suddetta indennità complessiva (spese di avvio e spese di mediazione)
saranno dovute anche le spese vive, così come conteggiate e documentate
dall’organismo di mediazione.
Va precisato, infine, che resta pur sempre
nella facoltà degli organismi di mediazione stabilire una deroga in melius degli
importi minimi delle indennità per ciascun scaglione di riferimento, come
determinati a norma della tabella A allegata al d.m. 180/2010, così come
previsto dall’art.5, comma 1, lett. f) del d.m. 145/2011: ciò nella chiara linea
di una possibile riduzione del costo complessivo del procedimento di
mediazione.
Per completezza, trattandosi di questione posta
all’attenzione di questa amministrazione, preme compiere talune precisazioni in
ordine alla partecipazione al procedimento di mediazione di persone che si
trovino, secondo quanto prevede l’art.17, comma quinto, del d.lgs. 28/2010,
nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi
dell’art.76 del t.u. di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002 n.115.
A tal proposito va infatti chiarito che:
- della previsione contenuta nell’art.17, comma quinto, del d.lgs. 28/2010 è
possibile avvalersi solo nel caso in cui la mediazione è condizione di
procedibilità della domanda, secondo quanto previsto nell’art.5 della medesima
legge;
- nel caso in cui sussistano i presupposti previsti, l’organismo di mediazione
è tenuto a fornire il servizio di mediazione senza diritto ad alcun compenso;
- l’organismo di mediazione non potrà richiedere il pagamento del compenso nei
confronti dell’erario o dell’amministrazione in generale;
- la suddetta norma trova applicazione senza che possa distinguersi tra
organismi di mediazione pubblici o privati: la norma contenuta nell’art.17,
comma sesto, del d.lgs. 28/2010 richiama le indennità spettanti agli organismi
pubblici unicamente al fine di rinviare compiutamente agli importi delle
indennità di cui alla tabella A che, secondo la previsione contenuta
nell’art.16, comma 13, si applicano unicamente agli organismi costituti da enti
di diritto pubblico interno, salvo che trattasi di materia per le quali è
prevista l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione: si tratta, infatti, di
importi delle indennità previsti per gli organismi pubblici che, in caso di
obbligatorietà del tentativo di mediazione trovano applicazione anche per gli
organismi privati
Sintesi dei principi espressi:
- le spese di avvio del procedimento e le spese di mediazione costituiscono
due voci di spesa autonome che, unitamente considerate, formano l’indennità
complessiva;
- al verificarsi dei diversi momenti che connotano l’espletamento del
servizio di mediazione, entrambe devono essere corrisposte;
- oltre all’importo di € 40,00 dovuto per l’avvio del procedimento,
dovranno essere corrisposte, in aggiunta, anche le ulteriori spese di mediazione
secondo i criteri indicati nell’art.16, commi 3 e ssgg. del d.m. 180/2010, come
modificati dall’art.5 del d.m. 145/2011;
- oltre alla suddetta indennità complessiva dovranno essere corrisposte,
altresì, le spese vive, purchè documentate dall’organismo di mediazione;
- in caso di sussistenza delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a
spese dello Stato, ai sensi dell’art.76 del t.u. di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n.115, tutti gli organismi, sia essi
pubblici o privati, sono tenuti a svolgere il servizio di mediazione, senza
potere pretendere alcun compenso né nei confronti della parte né nei confronti
dell’erario o, in generale, dell’amministrazione.
Roma, 20 dicembre 2011
Il Direttore Generale
Maria Teresa Saragnano